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Nina Simone non poteva essere contemporaneamente una comune mortale e una stella immortale: in questa dualità, ci sono due nomi per due persone distinte, con Nina Simone (l’Anima) che facilmente prese il sopravvento di Eunice Waymon (l’essere umano), non solo perché era una bambina che già, di per sé, manifestava, sin dagli inizi un’Essenza istintiva, un’Anima da animale, ma anche perché il mondo che circondava Eunice Waymon era fatto di musica (quindi di magia, di invisibile).

L’incanto di una voce straordinaria, l’abilità di pianista classica fuori dal comune per gli standard jazz dell’epoca, l’impegno sociale, il rapporto dilaniante col marito manager, la rivolta, la rabbia e la disperazione per la morte di Martin Luther King, l’adesione alle frange più estreme del movimento per i diritti dei neri, la grande disillusione, il sogno di “Feeling Good” e la fuga, il ritorno alle radici africane, l’incontro fortuito con David Bowie e la rinascita di Eunice Waymon, il bipolarismo e la terapia che devasta progressivamente la psiche e il corpo, il successo pop degli ultimi anni complice un jingle pubblicitario, gli ultimi strazianti anni pieni di rimpianto.